giovedì 22 maggio 2008

Naples is burning!


L'ottimismo diventa una necessità quando non ci sono appigli ragionevoli che conducano alla possibilità di configurare una visione realisticamente positiva di un evento che prefigura lo sfacelo più assoluto. Vogliamo sperare che una città italiana come Napoli ce la farà, vogliamo credere nella meravigliosa onestà dei napoletani "perbene", quelli onesti e lavoratori, che mai incoraggerebbero la camorra, i camorristi eccetera eccetera. Come nelle migliori querelle sociologiche, anche per la quaestio napolatana ci sono gli apocalittici da una parte e gli integrati (integralisti) dall'altra: i rifiuti spariranno e non spariranno, gli indigeni impazziranno o non impazziranno, lo Stato e la sua forza la spunteranno o non la spunteranno sulla camorrissima camorra. Ma ancora, e sorprendentemente, pare che nessuno voglia sottolineare il comportamento di una certa cittadinanza napoletana, far notare il suo atteggiamento criminoso e indisponente. Una parte di napoletani non sembra dimostrarsi collaborativa, vogliosa di darsi da fare. Sono infuocatissimi di odio e rabbia, non vogliono che li si tocchi, nè per pulirli ne per sporcarli: nessuno tocchi Napoli. I nostri cari connazionali partenopei -non tutti, ma molti-non sembrano curarsi troppo della vergognosa immagine che delle loro strade sta circolando su tutti i notiziari internazionali, non sembrano interessati a smentire che Napoli è una discarica abusiva, e non solo di rifiuti, anche di comportamenti illeggittimamente rivoltosi. E' la frustrazione, la stanchezza di un popolo che ne è fin sopra i capelli, si dirà. Ma sarebbe troppo facile liquidare psicanaliticamente l'inciviltà, cercandone la legittimazione nello scontento. E a questo punto, per dirla à la Arendt, è solo la banalità del male. Ma forse c'è qualcosa di più, che non vogliamo e non sappiamo dire. Chi vincerà, cops or criminals? Sono questi i corni del dilemma, che solo la città e i suoi abitanti sapranno risolvere. Napoli va a fuoco, cercando miseramente di scacciare i suoi demoni: come in un gigantesco falò propiziatorio, tutti urlano dimenandosi, e si bruciano le vecchie cose augurandosi un futuro di raccolti promettenti. Ancora una volta, la magia vince sul legittimato rimedio civico, la superstizione trionfa sull'autorità e la legge. Agitando cornetti e tamburelli, forse il male sparirà. Forse.


C'è ANCHE UNA NAPOLI CHE RESPIRA ANCORA...
http://www.decidiamoinsieme.it/

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La situazione a Napoli sta sfiorando l'abominio. Quando in una città scoppia una guerra civile, quando la gente si inchioda sulle barricate, allora è il momento del cambiamento. Del resto la gente povera e senza strumenti culturali spesso manifesta la sua rabbia con violenza, con una insistenza che sfiora la follia. Non importa se bruciano cassonetti o ghigliottinano gli aristocratici: la disperazione degli insorti è scattata, si è manifestata e prima questo non era mai accaduto. Il gap sta appunto in questo: è vero che Napoli è da almeno venti anni in condizioni di indigenza, ma non siamo stati sull'orlo di una guerra civile. Il popolo ha fame e vuole il pane. Per questo nella Milano di Manzoni si dava l'assalto ai forni, rubando e distruggendo tutto ciò che capitava a tiro. Ora, invece, si bloccano le discariche, si brucia la spazzatura, si reagisce alla forze dell'ordine. Qualcosa comunque cambierà: per poco o molto che sia, la responsabilità sarà comunque dei partenopei.

la civetta... ha detto...

Lucidissimo, come sempre, il tuo pensiero...
Che sia il destino ineliminabile dei popoli meridionali quello di soffrire e toccare costantemente il fondo, senza però mai intravedere una possibilità di cambiamento e progresso certa e stabile?
Reagire alla "policia" è forse un modo per dire che non si vuol toccata la propria roba (tranne dalla camorra, ovviamente...)