
Impresa certo non facile riuscire a raccontare l’arte visiva spagnola degli ultimi cinquant’anni: ci prova con un risultato interessante la mostra “España, Arte spagnola 1957-2007”, a Palermo fino al 14 settembre, accolta lungo la spagnolissima via Maqueda presso palazzo Sant'Elia.
L’obiettivo sembra quello di tematizzare le principali tendenze del variegato linguaggio artistico proveniente dalla terra ispanica, piuttosto che far emergere le personalità di singoli artisti, in un improbabile best of, anche se lo sforzo antologico è evidente.
Ecco che allora si snodano convulsamente una considerevole quantità di opere - un centinaio tra dipinti, sculture, installazioni, video e fotografie - collocate in una serie di sezioni che hanno a che fare con la cultura territoriale, il genius loci dello scelto manipolo di artisti, estremamente diversi tra di loro per percorsi, uso dei materiali, linguaggi estetici. Ciò che li accomuna però è il continuo riferimento ai principali archetipi della cultura spagnola, letteraria come pittorica: dal donchisciottismo tragico, all’astrazione simbolico formale, passando per il misticismo pagano, l’esistenzialismo barrocco. Certo, mosso anche da esigenze giustamente didattiche il curatore ha infatti voluto dare dei binari agli osservatori per non far deragliare il loro intelletto lungo la difficoltà di alcune opere. Non sempre però, come sappiamo, le griglie aiutano a definire, se non a costo di qualche temeraria forzatura, le complesse motivazioni delle opere d’arte. La mostra merita molto, ma è innegabile che per i non addetti ai lavori, o ai non avvezzi all'arte contemporanea -e al suo linguaggio prima di tutto teorico e poi visivo-, appare di difficile comprensione.
VOTO: 8
PER SAPERNE DI PIU':
http://www.arthemisia.it/index.php?IDC=2&ID=45
Ecco che allora si snodano convulsamente una considerevole quantità di opere - un centinaio tra dipinti, sculture, installazioni, video e fotografie - collocate in una serie di sezioni che hanno a che fare con la cultura territoriale, il genius loci dello scelto manipolo di artisti, estremamente diversi tra di loro per percorsi, uso dei materiali, linguaggi estetici. Ciò che li accomuna però è il continuo riferimento ai principali archetipi della cultura spagnola, letteraria come pittorica: dal donchisciottismo tragico, all’astrazione simbolico formale, passando per il misticismo pagano, l’esistenzialismo barrocco. Certo, mosso anche da esigenze giustamente didattiche il curatore ha infatti voluto dare dei binari agli osservatori per non far deragliare il loro intelletto lungo la difficoltà di alcune opere. Non sempre però, come sappiamo, le griglie aiutano a definire, se non a costo di qualche temeraria forzatura, le complesse motivazioni delle opere d’arte. La mostra merita molto, ma è innegabile che per i non addetti ai lavori, o ai non avvezzi all'arte contemporanea -e al suo linguaggio prima di tutto teorico e poi visivo-, appare di difficile comprensione.
VOTO: 8
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