sabato 23 febbraio 2008

Anna Finocchiaro raccontata da Marco Travaglio (parte I)


Quando mi hanno chiesto di candidarmi
alla presidenza della Regione siciliana ho
vissuto momenti difficili. Ho provato smarrimento,
perche' pensavo ad un altro futuro per me,
poi c'e' la voce del cuore che non vacilla
e che ti dice qual e' la cosa giusta.

A. Finocchiaro,23 Febbraio '08 (parlando alla platea del Metropolitan di Palermo)

La Ségolène de’ noantri è nota per la sua modestia. Infatti, l’anno scorso, quando Giorgio Napolitano fu eletto al Quirinale, dichiarò al Corriere: ” Un uomo con il mio curriculum , l’avrebbero già fatto presidente della Repubblica”. Ma Anna Finocchiaro è nota pure per le sue eccezionali capacità politiche. Infatti, come capogruppo dell’Ulivo al Senato, all’inizio di quest’anno riuscì a far passare una mozione di Calderoli sull’Afghanistan. E quando, a fine febbraio, Fassino ebbe la bella pensata di far prelevare a Torino Sergio Pininfarina, assente al Senato da otto mesi, per rafforzare le esangui truppe unioniste intorno alla mozione D’Alema sulla politica estera, lei rassicurò il suo gruppo: «Tranquilli, è arrivato Pininfarina». Cinque minuti dopo, la mozione D’Alema veniva bocciata grazie anche all’astensione di Pininfarina, che con la sua presenza aveva alzato il quorum senza che nessuno gli spiegasse che astenersi, al Senato, equivale a votare contro. Un’ora dopo, Prodi saliva al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Eppure, per imperscrutabili motivi (a parte la sua proverbiale, quasi leggendaria avvenenza), Anna Maria Finocchiaro detta Annuzza, nata il 31 marzo 1955 a Modica (Ragusa) ma cresciuta a Catania, iscritta al Pci a 17 anni, laureata in legge a 25, funzionario alla Banca d’Italia filiale di Savona a 26, pretore di Leonforte (Enna) a 27, pm di Catania a 30, parlamentare da quando ne aveva 32, cioè da vent’anni giusti, è l’astro nascente dei Ds. l’amica dalemiana in grado di contendere la leadership del futuro Partito democratico a Walter Veltroni, suo coetaneo. All’ultimo congresso Ds, quello di Firenze, il suo discorso di 21 minuti interrotto da 21 applausi con citazioni di Temistocle e Aristide nella guerra ai Persiani, è stato più elogiato di quello di Walter. E, come di Walter, anche di lei parlano tutti benissimo. Anzi, è più facile trovarle qualche detrattore nel centro-sinistra (soprattutto fra i fassiniani e fra le donne uliviste, gelose del suo fascino) che nel centro-destra. Qui, in partibus infidelium, piace proprio a tutti. Lino Jannuzzi, che pranza spesso con lei nel ristorante del Senato, l’adora e le ha dedicato un giulebboso ritratto-intervista sul Giornale. Un altro ancor più zuccheroso glie l’ha riservato, sempre sul quotidiano berlusconiano, il solitamente perfido Giancarlo Perna. Il Foglio di Giuliano Ferrara s’è sperticato in un’imbarazzante paginata di elogi. E di Anna Finocchiaro parla un gran bene anche l’onorevole avvocato professore Gaetano Pecorella, che nella scorsa legislatura le subentrò come presidente della commissione Giustizia della Camera. Lei ricambiò l’affetto invitandolo a un dialogante dibattito sulla giustizia alla festa dell’Unità di Genova nel 2004, passando sopra qualche dozzina di leggi vergogna. Quando ha voluto illustrare in un libro le sue idee sulla giustizia, ha scelto come ghost writer un giornalista del Tg4 e del Foglio Antonello Capurso, e come titolo una frase da perfetto inciucio: Dialogo sulla giustizia. Per un nuovo patto di legalità (Passigli, 2005). E, per presentarlo a Catania, ha voluto al proprio fianco Salvo Andò, il dinosauro del vecchio, Psi uscito indenne da vari processi per mafia e tangenti, ora per assoluzione ora per prescrizione. Quand’era in pretura e si occupava di liti fra pecorai, già fumava Muratti e si mangiava le unghie. La chiamavano «la pretora bona», ma lei preferiva «la professoressa». In quell’ambiente decisamente popolano la raffinata rampolla della buona borghesia catanese, con i suoi studi classici al liceo Cutelli, le sue ascendenze risorgimentali (pare che il bisnonno fosse l’avvocato difensore di Giuseppe Garibaldi), il marito ginecologo Melchiorre Fidelbo (con cui ha avuto due figlie, Miranda e Costanza), incutesse soggezione. A Catania - ricorda Aldo Cazzullo sul Corriere - «i Finocchiaro abitano da generazioni nella villa ottocentesca sulla via Etnea, dove sono passati Verga, Capuana, De Roberto». «Famiglia di garibaldini, mazziniani, repubblicani», precisa lei, «sempre dalla parte progressiva. Mio padre mi ha cresciuto con i racconti di suo nonno Lucio, grande avvocato, che da bambino vedeva don Blasco, il personaggio dei Viceré, appendersi all’architrave delle porte e dondolarsi con il suo mantello nero come un pipistrello, per spaventare i piccoli». Il padre Luigi era procuratore capo di Enna e presidente di sezione della Corte d’Appello di Catania. E a Catania lei approdò nel 1985, ma come pubblico ministero. Iscritta a Magistratura democratica, ne divenne subito segretaria per la Sicilia orientale. Anna Finocchiaro arrivò in una procura scossa dallo scandalo che aveva portato in carcere alcuni magistrati catanesi accusati di collusioni mafiose....




continua....



ps. Ringrazio Andrea Coassin (Il Koa), che mi ha girato questo fantastico pezzo!

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